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IO NON SONO COLPEVOLE… SONO SOLO TUO FIGLIO ( PARTE 2)

In un precedente articolo, pubblicato su questo blog il 26/05/2021, ci siamo soffermati a ragionare sulla legge n°62/2011, la quale dispone per le madri in custodia cautelare o in stato carcerario, di poter tenere con loro i figli fino all’età di 6 anni.

Una legge forte, che con grande autorità si è tenuta in bilico, per anni, tra il confine sentimentale del legame che per natura unisce indissolubilmente la madre al figlio, e il diritto di ogni singolo individuo di crescere nel modo più giusto ed adeguato.

Difficile elaborare, quindi, una sentenza in merito, in grado di poter dire, senza ombra di dubbio, dove inizi e finisca il confine e la competenza di queste due importanti realtà, così inscindibili da non lasciar intravedere una presa di posizione in merito netta e delineata.

A questo arduo, quanto delicato ragionamento, non si è sottratto il deputato Paolo Siani, che in merito ha avanzato una proposta di legge dove “l’interesse del minore è messo in cima ai pensieri del legislatore”, in modo che i bambini non debbano più vivere, segregati insieme alle loro madri, all’interno delle mura carcerarie, avendo il diritto di poter usufruire di strutture detentive alternative.

La proposta di legge, approvata alla Camera il 30 maggio 2022 e in attesa ora del vaglio da parte del Senato, decreta che la detenzione da parte di madri imputate o condannate con al seguito bambini piccoli non debba essere scontata in carcere, ma piuttosto o ai domiciliari o in “case famiglia protette”. Una possibilità, quest’ultima, già prevista dall’ordinamento attuale, ma completamente lasciata alla discrezionalità del giudice, che potrebbe essere ora eliminata nel nuovo disegno di legge.

L’obbligo di scontare la pena al domicilio si applica anche ai padri con figli minori di 10 anni, ma solo nel caso in cui la madre sia deceduta o «assolutamente impossibilitata a dare assistenza ai figli».

Nei casi di reiterazione o di pericolosità della detenuta, la pena è pensata da scontarsi negli Istituti a custodia attenuata (Icam). Si tratta di strutture detentive molto più simile ad una casa piuttosto che ad un carcere, senza sbarre, ma con altri sistemi di sicurezza, con guardie che non indossano le divise, e soprattutto con operatori specializzati che possono aiutare sia le detenute che i loro figli.

Un disegno di legge questo, a grandi linee da noi presentato, che mostra il grande impegno profuso nell’elaborarlo, capace di mostrare quel senso di civiltà e di umanità di cui le nostre società moderne dovrebbero sapersi sempre vestire, per raggiungere quegli alti valori morali di cui l’essere umano ne è sovrano. Non soffermandosi al solo giudizio legislativo di giusto e sbagliato, si è voluto guardare, con la stesura di questa legge, al quadro d’insieme, per far comprendere che dietro alla figura del detenuto, vi è molto spesso un genitore. Una figura istituzionale, che nel bene e nel male è di fondamentale importanza per la crescita di un bambino, soprattutto nei suoi primi anni di vita, basilari per la strutturazione di una propria identità personale forte.

Di grande empatia, quindi, questa legge del deputato Siani, che non vuole assolutamente lacerare il rapporto genitore-figlio, ma che per garantire in pieno i diritti umani del minore, cerca luoghi e situazioni consoni per la sua crescita psico-fisica sicura e sana, in strutture alternative protette. Ecco qui dunque paventarsi fattivamente, la concreta dimostrazione di come osservando un problema da ottiche diverse, si possa pervenire a soluzioni di grande spessore, in grado non solo di risolvere la questione problematica in sé, ma soprattutto in grado di oltrepassare i limiti circostanziali del momento, per ricordarsi che il futuro cambia solo gettando i giusti semi nel presente. E ricordando che la migliore azione che si possa fare è la prevenzione, che può evitare tante cure future.

Domandiamoci a tal proposito: quanti bambini, figli di detenuti, potranno con il crescere intraprendere delle strade sbagliate ed essere considerati dalla società “devianti”, solo perché da piccolissimi sono stati privati delle cure e della presenza dei loro genitori? E quanto d’aiuto potrebbe essere, la presenza di un figlio, per un genitore in stato detentivo, che non sentendosi un escluso dalla società trova nel ruolo familiare uno spunto per cambiare e riabilitarsi?

Risposte a tali quesiti, saranno sempre e comunque soggettive, sempre sotto il vaglio attento dei giudizi personali, che però sicuramente concorderanno sul ritenere che ogni viaggio è più bello se fatto in compagnia… magari proprio quel viaggio chiamato Vita, che non sai mai dove ti porterà, ma che se lo intraprenderai, mano nella mano insieme ai tuoi genitori, sarà sicuramente più bello.

 

Autore:

Tania Nardi

(Sociologa, Esperta in Report di Impatto Sociale)

30/09/2022